Il 22 aprile 2022, dal palco dell’Auditorium della nuvola di Fuksas, davanti a un pubblico festante dal vivo e contemporaneamente in diretta streaming su RaiPlay, ho avuto l’onore di essere il direttore artistico di un concerto-evento.
Oltre alla mia musica, ci sono stati artisti, scienziati, personalità del mondo dello sport e della cultura. Tutti insieme, per celebrare la Giornata Mondiale della Madre Terra.
Ho avuto anche l’opportunità di eseguire alcuni brani di mia composizione.
“The First Embrace” è stata un’anteprima assoluta: ho voluto portare un brano che raccontasse la dolcezza e l’incantodel primo abbraccio. Che può essere quello di una mamma con il suo neonato, quello tra due amanti o quello tra la Terra e i suoi abitanti.
Sicuramente il primo abbraccio è il più intenso. È quello che inizia una storia. E non va mai dimenticato. Va sempre rinnovato. Sempre cercato.
Questa composizione è l’ultima che ho scritto. Da Japan, la prima, sono passati ben 34 anni. Ciò che mi colpisce delle note di The First Embrace è che non somigliano a nulla che io abbia già scritto. C’è una dilatazione del tempo. Una dolcezza estrema. Come se quell’attimo magico non dovesse mai finire. E’ stata un’emozione sconvolgente suonarla in pubblico e regalare alle sue note il primo applauso.
Sicuramente la Natura rappresenta un timore per il futuro e un grande momento di riflessione.
Voglio affrontarlo attraverso due punti di vista, entrambi filosofici.
È necessario mettere a fuoco due elementi filosofici per fare in modo che possa scatenarsi una sensibilità collettiva, a cui segue poi un’azione.
Parliamo dei bambini. I bambini, rispetto agli adulti, hanno la capacità di vedere le cose con uno sguardo sempre fresco, come se fosse sempre la prima volta. Hanno la capacità di sorprendersi; capacità che noi adulti perdiamo perché avvolti dal disincanto, dovuto alle preoccupazioni o al ripetersi della vita quotidiana. Noi dobbiamo recuperare questa freschezza dello sguardo nei bambini. Che cosa sono in grado di fare i bambini? Connettersi direttamente con la Natura: riescono a trovare immediatamente un contatto profondo con essa, a riconoscerne l’immenso valore, e a mantenere vivo l’entusiasmo della sua osservazione, anche delle piccole cose. Quindi il primo obiettivo che dobbiamo porci è riuscire a guardare il mondo e la natura con gli occhi incantati dei bambini, a partire dalle piccole cose, anche delle più minuscole.
Un secondo paradigma filosofico, un secondo modo di vedere molto più ampio, mi viene da una suggestione che ho ricevuto dal pensiero di Carl Gustav Jung, il grande psicologo e filosofo: ci fa notare che il mondo iper tecnologico ed artificiale ha posto come una cappa sugli esseri umani. Noi siamo orgogliosi di questo mondo iper tecnologico e artificiale: ci sembra apparentemente avanzato, e siamo orgogliosi del grado di progresso raggiunto. In realtà, nonostante i lati positivi che il progresso può apportare, il mondo iper tecnologico pone su di noi una cappa, come una campana di vetro, che ci impedisce il contatto con delle forze misteriose, ataviche, divine che da sempre percorrono il cuore dell’umanità. Dobbiamo togliere questa cappa, questa campana di vetro, e ritrovare un contatto profondo con la Natura. Significa entrare di nuovo in contatto con il divino, con delle forze che hanno attraversato da sempre il cuore dell’umanità con un brivido.
L’unico modo per rapportarsi a una realtà complessa come questa è studiare.
In questi ultimi anni si è imposto il culto della semplificazione e dell’immediatezza, ma le cose sono molto più articolate di quanto appaiano.
Per immaginare il futuro bisogna comprendere il passato, mentre per il momento siamo intrappolati in un eterno presente che è asfittico e privo di prospettive. È in ballo una questione morale che implica una scelta: tenerci stretti il piccolo benessere che ci resta o guardare alle generazioni future e consegnare loro un mondo più bello, in pace e pulito? Per me vale la pena impegnarsi in uno scenario più vasto, anche se questo prevede qualche rinuncia. È bellissimo che il Papa, da vero rivoluzionario qual è, abbia ribaltato il paradigma pedagogico. Siamo noi adulti che dobbiamo essere educati dai più piccoli. Loro sono ancora in contatto con il senso profondo delle cose. E comprendono che il rispetto della natura e della pace sono valori intoccabili. Si disinteressano dell’arricchimento e del potere. È giunto il momento che le giovani generazioni facciano sentire la propria voce e dettino la strada.
Alla COP26 (dove, tra l’altro, è stato presentato in anteprima il videoclip di Our Future), Greta Thunberg ha detto con rammarico che non è stato fatto alcun passo in avanti. Perché gli Stati e i potenti continuano indisturbati a perseguire il proprio interesse senza tener conto delle esigenze delle generazioni future. Lei ha senz’altro ragione nella sostanza, ma è innegabile che una nuova mentalità si stia facendo strada. Sarà questo diverso modo di pensare più accogliente, più lungimirante e meno competitivo a generare le scelte politiche che ci aiuteranno a fermare il disastroso cambiamento climatico che è alle porte.
Vorrei affidarmi alle parole di Galileo Galilei: «Non puoi cogliere un fiore senza turbare una stella». Un modo per dire che le nostre azioni sono misteriosamente collegate all’intero Universo e non è vero che singolarmente non possiamo fare nulla.
Vorrei far arrivare la mia musica soprattutto ai giovani che hanno capito l’immenso valore della natura e ci ricordano quanto sia preziosa la pace.
La società contemporanea deve recuperare l’innocenza, lo stupore incantato dei più piccoli e la sacralità di ogni singola vita, limitando la brama di ricchezza e potere, che conduce i popoli verso il conflitto, tipica del mondo degli adulti.